Ho già provato ad associare il linguaggio musicale alle dinamiche che muovono le interazioni umane (leggi “Semitoni MI-FA e SI-DO, gli opposti movimenti della condivisione”), supponendo una coraggiosa e quanto mai fantasiosa, benché affascinante, simmetria che ne accomuna le regole e che svela coincidenze sorprendenti tra i due mondi.
Beh, di quell’incosciente analogia non faccio che scovare ogni giorno nuovi scenari comuni, elementi che ne accertano legami e intrecci assai rilevanti, sempre al confine tra il possibile e l’avventato certo, ma così verosimili e divertenti da apparire a volte reali e addirittura inevitabili.
E così, regolarmente, mi ritrovo a ipotizzare affascinanti relazioni tra musica e vita, come se il linguaggio musicale potesse in effetti raccontare con semplicità e nel dettaglio i complicatissimi particolari dei nostri legami, come fosse un dizionario cifrato necessario alla loro decodifica e, dunque, alla loro comprensione.
Parliamo degli accordi, questa volta. Già, perché spiegandone regole e costruzione a uno dei miei allievi più curiosi e affamati di musica, ho istintivamente azzardato un paragone in grado di aiutarlo a capire meglio le mie parole e mi sono ritrovato tra le dita, senza neppure volerlo, un’analogia bellissima e per certi versi scottante, tutta da condividere.
Ma andiamo con ordine. Gli accordi, si diceva. Anche chi è estraneo a qualsiasi nozione musicale ha sentito almeno una volta parlare di accordi. Accordi maggiori, accordi minori. È una parola che come tante sonnecchia in superficie alla portata di tutti, i cui dettagli tecnici tuttavia rimangono una questione esclusiva degli addetti ai lavori.
Ma per comprendere al meglio la mia avventurosa analogia, è necessario accedere nel dettaglio ai meccanismi matematici che ne regolano la costruzione, così dalla superficie provo a spingermi più in profondità, lì dove un luogo comune diventa esperienza diretta, sperando di essere breve e chiaro.
L’accordo è un gruppo di note che suona contemporaneamente. È formato da un minimo di tre note a un massimo di sette e si costruisce sulle note della scala di cui si vuole creare l’accordo. Se, ad esempio, si vuole creare l’accordo di DO, è necessario prendere la scala di DO e scegliere tre note: la prima, la terza e la quinta nota della scala.
Scala di DO = DO RE MI FA SOL LA SI
Accordo di DO = DO MI SOL
Queste tre note formano la “triade maggiore”, chiamata così perché la terza nota della scala si chiama “terza maggiore”. L’accordo creato, dunque, è un accordo maggiore, il cui sapore è tipicamente solare, spensierato e allegro, come suggerisce inequivocabilmente l’aggettivo “maggiore”.
Se però la terza nota della scala si abbassa di un semitono, la distanza minima che nel temperamento equabile esiste tra due note, la “terza maggiore” diventa “terza minore” e così l’accordo maggiore diventa un accordo minore, il cui sapore più intimista, mesto e triste è suggerito in modo altrettanto inequivocabile dall’aggettivo “minore”.
DO maggiore = DO MI SOL
DO minore = DO MI bemolle SOL
Sebbene a cambiare sia solo una nota, dunque, l’accordo maggiore e l’accordo minore sono molto differenti nella sonorità e nell’umore che trasmettono. È sufficiente una nota per cambiare bruscamente lo stato umorale di più suoni. Una sola nota e l’accordo è felice o triste.
Ora, definendo l’accordo (come spesso si fa) una famiglia di note, la cui prima nota dà il nome al gruppo e la terza ne decide lo stato umorale generale, l’analogia con la famiglia, o quanto meno con la sua idea più tradizionale, è assai naturale, considerato che solitamente l’uomo consegna cognome e direzione all’intero gruppo e la donna calore e umore.
E dunque, alla luce di questa coraggiosa e bizzarra simmetria, posso finalmente azzardare l’affascinante asserzione che ha dato nuove direzioni a musica e famiglia: la terza dell’accordo è la donna!
Sì, proprio lei. Bellissima, intricante, incomprensibile creatura capace di definire e alterare gli stati umorali di qualsiasi ambiente. Un’unica e semplice nota da cui dipende l’atmosfera di una casa o più semplicemente di un incontro.
Così, ogni mattina, appena alzati dal letto, ancora sgualciti e appesantiti dal sonno, sentenzio la modalità dell’accordo. È sufficiente uno sguardo appannato e appena abbozzato sul viso di mia moglie per capirne l’umore e per dire ai mie figli, con mezzo sorriso sulle labbra e un pensiero a metà tra gioco e convinzione: «Oggi è maggiore!», oppure: «Oggi è minore!».
E da quel preciso istante, la canzone di giornata viene suonata a piena musica!