Stadi, palazzetti dello sport, teatri, auditorium, circoli culturali, sedi di piccole associazioni e pub: questi sono i luoghi in cui solitamente suoniamo e ascoltiamo la musica dal vivo. Ma sono davvero i posti più adatti al linguaggio musicale? Sono davvero le soluzioni tecniche ideali per cui la musica si possa compiere?
È vero che in fondo la musica vive ovunque e che ogni occasione di divulgarla e ascoltarla è una meravigliosa grazia, ma analizzando la lista, in effetti, solo dei teatri e degli auditorium (anche se non tutti) si può dire che siano luoghi per e della musica, per il resto a me sembra che la musica vada in prestito e nient’altro, come un ammalato nelle corsie di un ospedale o gli sfollati nelle palestre.
Ognuna di queste location, infatti, è stata pensata e costruita per uno scopo ben preciso che di certo non è la musica, considerandone la logistica e l’acustica. Gli stadi sono stati costruiti per le esigenze tecniche di manifestazioni sportive, così pure i palazzetti dello sport. Le sedi delle associazioni e dei circoli culturali spesso sono spazi simili a piccoli uffici o a grandi case dall’acustica ingestibile. I pub sono posti di aggregazione in cui il più delle volte (per non dire sempre!) il musicista è una sorta di radiolina umana, costretta a divincolarsi tra il chiacchiericcio incurante dei clienti e un’indifferenza di fondo sconfortante.
Poco importa, io credo, che la musica riesca nonostante tutto a vincere i deficit tecnici del luogo che le presta gli spazi, perché è l’amara realtà che va affrontata e cioè che non esistono luoghi pensati e costruiti unicamente per la musica, ma che ci si affida sempre alle indomabili potenzialità del linguaggio musicale, capace di penetrare anche le superfici più impermeabili alla sua natura.
Se si considera, inoltre, che i luoghi molto grandi o prestigiosi, come stadi, palazzetti e teatri, sono location commercialmente esigenti, riservate dunque a quei pochi artisti a cui il mercato riconosce (a torto o a ragione che sia) una capacità di richiamo piuttosto redditizia, ai tanti artisti che brulicano nel sottobosco culturale rimangono solo sedi di associazioni, circoli o pub per esibirsi, luoghi, soprattutto i pub, in cui la musica non si sceglie di ascoltarla, ma la si subisce.
Ma possibile che un linguaggio così utilizzato, così nobile e dalle potenzialità di aggregazione così importanti non abbia una sua casa? Un luogo, cioè, pensato e costruito per la musica, da tutti i punti di vista, logistico e acustico? Non è che questo è il riflesso più realistico delle priorità della nostra collettività? In fondo esistono luoghi ad hoc anche per giocare a bocce.