La simpatia [dal greco “sin” (insieme) e “pathos” (passione): “sentire con”] è il filtro con il quale tutti i giorni ci concediamo alle persone e ne accogliamo le intenzioni, convinti della sua benevola e affidabile forza attrattiva e ignari, invece, della sua intrinseca e strettissima feritoia, attraverso la quale selezioniamo in modo feroce tutte le nostre interazioni, decimando in questo modo la nostra disponibilità verso gli altri.

La simpatia, infatti, non è altro che “ascoltare solamente chi ci piace e di chi ci piace solamente quello che ci piace”: molto stretto e ingannevole è dunque l’angolo di veduta e poca è la luce che riesce a passare, troppo fioca perché possa generare amore. Il contrario di “simpatia” è “antipatia” [dal greco “anti” (contro) e “pathos” (passione): “sentire contro”], forza uguale e opposta.

Il fatto è che soltanto “sentendo dentro” le altre persone e, fattore ancor più indispensabile, senza filtri o condizioni, che può esistere amore. È l’empatia [dal greco “en” (dentro) e “pathos” (passione): “sentire dentro in modo incondizionato”] la vera condizione per vivere l’amore appieno.

La cosa affascinante e meravigliosa è che “empatia” non ha una parola contraria. Esiste il recentissimo termine “alessitimia” [dal greco “a” (negazione), “legein” (dire) e “thymos” (emozione): “non dire le emozioni”], coniato nel 1973 dallo psicanalista Peter Sifneos e usato per descrivere l’incapacità di riconoscere e manifestare i propri e gli altrui sentimenti, per comodità spesso usato in contrapposizione a “empatia”, ma non c’è l’esatto opposto di empatia.

Trovo che questo sia un raffinatissimo dettaglio che ci aiuta a comprendere che a essere empatici si vince sempre e non si cade mai in errore. È l’unica strada per generare amore.


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