È il momento dell’esibizione più affascinante, quello più emotivamente intenso, così misterioso da non sapere mai quanto durerà, sempre che sia realmente quantificabile, certo. E se non lo fosse? Se fosse realmente un luogo senza tempo, una bolla d’aria dentro cui si galleggia, sospesi su una scia sottile? Sì, non può essere che così.
È con questa ingenuità che lo vivo, l’attimo eterno tra l’ultimo accordo e l’applauso. Ogni volta, con questa eccitazione. Per ogni brano, in ogni concerto. In quell’affascinante dimensione in cui tutto sembra compiersi — il viaggio sul sentiero tracciato dalle note, l’attesa di poterlo percorrere, l’esatto momento in cui è stato desiderato e l’intera evoluzione che ne ha partorito le mappe — rimango sempre in apnea, ubriaco di musica e curiosità. Una curiosità piacevole, che vive al confine con il dolore.
Che effetto avrà sulle persone, il mio viaggio? Queste note appena lanciate e condivise, vissute per una manciata di minuti sulla punta delle mie dita e nella pancia della mia chitarra, quali corde faranno vibrare ancora, oltre a quelle del mio strumento?
Non è certo la smania di un largo consenso a muovere tali dubbi, forse lo è ma in misura assai minore!, piuttosto è il desiderio di percepire in che modo e con che forza si sia compiuto l’ambito senso di comunione che vive in qualsiasi tentativo di interazione artistica. Sentirsi uno con tutti, per sempre.
È qui, sulla scia dell’ultimo accordo, affannati dopo la corsa e rinvigoriti dalla musica, che gusto appieno il sapore della mia scelta, quella accesa una vita fa ormai e ogni giorno rinnovata. Perché la mia vita di musicista si nutre proprio di questa attesa, ne è affamata.
E quando poi arriva, quando il silenzio viene rotto dal suono delle mani picchettanti, che siano due o centomila, in quell’istante ogni artista riceve il suo reale compenso: non un’incentivo alla sua vanagloria, ma un’onda di energia pura che, con impatti sempre differenti, sostiene e supporta i suoi sogni. L’applauso come un “amen” all’incontro di due mondi.
Così, come due bicchieri che si riempiono fino all’orlo a vicenda, artista e pubblico si amano allo stesso modo di due amanti a lungo distanti, ma finalmente di nuovo vicini e consapevoli del senso dell’intero viaggio.
Se penso a quante volte ho vissuto questo eterno istante e a quante altre volte ancora vorrei sentirmelo addosso! Perché quando inizia la dissolvenza dell’ultimo accordo comincia l’attesa che amo di più.