Il contesto storico è dei più preoccupanti e non c’è un granché da aggiungere alla difficoltà che in questi anni anni confusi e pigri appesantisce e a volta annulla la volontà delle persone, strette in una morsa che fa paura e che troppo spesso finisce col schiacciare chi è allo stremo delle forze, chi non ce la fa più a sopportare umiliazioni e inganni. Le tasche vuote a fine mese sconfortano chi un lavoro ce l’ha ma fatica a racimolare ciò che occorre per il suo sostentamento e quello della sua famiglia e chi un lavoro proprio non riesce a trovarlo, costretto ad annaspare e ad arrangiarsi come può.
Appare naturale che, tra gli ingranaggi del conseguente meccanismo di rinuncia continua che si attiva in simili dinamiche di sopravvivenza, la musica venga messa ai margini delle priorità quotidiane, perché apparentemente non indispensabile e dunque evitabile. Da disciplina fondamentale, contemplata nel quadrivio insieme ad aritmetica, geometria e astrologia, è stata declassata a puro intrattenimento, così come gli scopi terapeutico e religioso che in tempi antichissimi si attribuivano al suo utilizzo si sono sgonfiati fino ad assumere poca importanza.
In molti campi si sta provando a riconsegnare alla musica una capacità educativa e riabilitativa, si pensi ad esempio alla musicoterapia, ma l’impressione è che oggi questo linguaggio scientifico e artistico sia stato relegato dai più nel cassetto degli accessori di cui si può fare a meno, con l’incuria e la leggerezza di chi ha altro a cui pensare. È diventato un distratto sottofondo agli incontri nei locali, agli acquisti di massa nei centri commerciali o alle ricette casalinghe delle massaie, ruolo in effetti del tutto auspicabile, considerata la piacevolezza che sa donare, ma a patto che non venga contemplato come il solo.
Ecco che questo processo involutivo sta rimpicciolendo sempre di più il raggio d’azione della musica live, quella di sottobosco quanto meno, occasione di condivisione che sta diventando cosa rara. È vero che da tempo sembra non esserci altri luoghi per i concerti di questa portata, se non pub caciaroni e vari locali brulicanti di scarsa attenzione (leggi “Come ridare voce alla musica sopraffatta nel locali”), ma anche tra il chiacchiericcio di queste location oramai è difficilissimo trovare asilo per un musicista, specie chi si tiene lontano da cover o tributi.
I gestori e i committenti in genere sono scoraggiati dalle spese necessarie a imbastire un qualsiasi concerto e sono di fatto poco propensi al rischio che comporta dare voce e spazio alla musica originale. Per non parlare poi della SIAE, a oggi primo vero ostacolo agli eventi musicali (leggi “SIAE, il primo ostacolo ai concerti”).
Insomma, esibirsi è sempre più complicato. E allora perché non trovare alternative che aiutino l’organizzazione di eventi e, conseguentemente, la divulgazione della musica? Aprire le porte della propria casa e trasformarne gli spazi ordinari in straordinari salotti artistici deve essere apparsa una soluzione davvero pragmatica e affascinante a molti, considerato il proliferale di proposte simili un po’ ovunque.
E in effetti lo è. Le esperienze uditive ed esecutive in un live salottiero si avvicinano fino ad annientare la distanza che generalmente le separa, processo avallato e sostenuto dall’intimità che inevitabilmente si crea, fin da subito. Dunque, alla praticità che taglia la fitta ragnatela degli inghippi burocratici e delle spese folli di tasse inutili si coniuga l’evidente piacevolezza di condividere in spazi piccoli e suggestivi eventi comunemente proposti in spazi più impersonali e di grande affluenza, di certo più fastosi ma di interazioni più superficiali.
Naturalmente non mancano gli scettici, sopratutto nel nostro Paese, che negano all’iniziativa questa portata emotiva e la ritengano nient’altro che una faccenda da borghesi annoiati. In realtà il concerto in casa dona una dimensione congeniale alla musica che, senza l’utilizzo di apparecchi di grande diffusione come microfoni e casse, nasce nell’intimità di un momento e vive di ascolto e di piccole distanze, fino a dove la gittata dello strumento può arrivare.
Le origini di questa proposta risalgono ai tempi di giullari e trovatori, considerati i primi veri professionisti dell’arte perché della propria arte vivevano, che realizzavano spettacoli di intrattenimento presso corti e banchetti, passando poi per la musica da camera, che si contrapponeva alla musica da teatro o di chiesa. Dunque quella che appare un’alternativa innovativa ai canonici schemi divulgativi, altro non è che l’evoluzione di un’idea già viva da tempo, quella di una divulgazione delle arti più diretta e che alimenti un’intima interazione.
C’è da dire che se i giullari erano professionisti, sebbene spesso condannati per i loro spettacoli sovversivi e quindi reietti, i musicisti da camera erano inizialmente degli amatori, indizi questi che confortano la convinzione che il concerto in casa sia in effetti un momento di condivisione molto versatile, che va oltre la superficiale intenzione di suonare per amici e parenti, in cui dar vita a occasioni nuove per gli artisti di ogni genere e possibilità alla musica di trovare la strada in altri contesti negata.
Ormai da anni questo evento è parte integrante della mia proposta artistica, suonando per chiunque voglia aprire la porta della sua casa (vedi “Concerto a domicilio — Apri le porte alla musica”) e aprendo quella della mia (vedi “Suoni di casa mia — Concerto e buffet a casa dell’artista”), cosicché la musica non sia prerogativa esclusiva di convenzioni inadatte, ma di ogni occasione che un cuore curioso sa creare.