Se c’è una cosa che ho usato davvero tanto quando ero piccolo è la carta velina. Andavo di nascosto nello studio di mio padre, specialmente in tarda serata, stando attento a non prenderne mai più di un foglio alla volta, per non destare sospetti. Credo sia impossibile contarle, le risme che ho consumato!

Inizialmente me ne servivo per ricalcare ogni cosa io volessi disegnare, poi, quando l’abilità con le matite era divenuta sufficiente per farne a meno, la usavo per confrontare la mia opera ultimata a mano libera con l’immagine originale, per capire quali forme da me ricreate necessitassero di correzioni.

Questo esercizio, che naturalmente il più delle volte svelava un’inevitabile incongruenza grafica tra il mio disegno e la figura di riferimento, si è rivelato utilissimo quando ho iniziato a suonare la chitarra e all’immagine da ricreare si è sostituita una melodia da riproporre, perché il medesimo approccio permetteva di scovare quelle incongruenze esecutive inevitabili durante l’apprendimento di un brano, didattico o meno.

Così, non appena terminata la fase di studio, mi piazzavo di fronte al giradischi o al mangianastri (Dio, sembrano passati secoli!) e provavo a eseguire la melodia appresa sopra la musica riprodotta dal vinile o dalla cassetta, provando a “ricalcare” con la mia chitarra tutti gli aspetti esecutivi, soprattutto struttura e tempo.

Considerato che la musica riprodotta meccanicamente non aspetta i tentennamenti e le difficoltà tecniche di nessuno, benché sia divertente immaginare un disco che si ferma per consentire al chitarrista di turno di prendere una posizione complicata sulla tastiera, usare questa sorta di carta velina musicale ha avuto una grande importanza all’inizio del mio percorso didattico, perché ho imparato a migliorare in corsa molti difetti esecutivi.

Da allora, “ricalcare” dal disco è diventata parte integrante e essenziale del mio studio sulla chitarra, tant’è che adesso, da insegnante, ne consiglio l’esperienza per testarne l’efficacia. Certo, può essere frustrante inseguire le note senza riuscire a starci dietro, l’affanno che ne può conseguire può indurre a desistere, all’ennesimo tentativo. Tuttavia, la sua utilità può risultare davvero sorprendente.

Naturalmente è consigliabile “usare” la carta velina soltanto quando accordi e passaggi dello studio raggiungono un livello accettabile di fluidità, altrimenti lo sconforto sarà inevitabile.

Una volta intrapreso perché sicuri di poterci quanto meno provare, questo particolare duetto con il player (vinili e cassette ormai sono desueti) lentamente genererà una precisa sensazione in grado di fornire feedback attendibili sull’efficacia di un’esecuzione sovrapposta, l’impressione cioè di essere i soli a suonare.

Quando in passato sovrapponevo il mio disegno all’immagine originale, infatti, nel migliore dei tentativi avevo la sensazione che le mie linee, o quanto meno alcune di esse, annullassero le linee della figura sottostante, fino a farla sparire completamente.

Con la musica è lo stesso. Quando si prova a sovrapporre una melodia eseguita sulla chitarra a quella di un’incisione, nel momento in cui si ottimizzano al meglio accordi e passaggi si ha la netta sensazione che le note incise spariscano in parte o del tutto (sensazione più probabile se le due melodie vengono suonate dal medesimo strumento solista).

Sarà questa gratificante sensazione a indicare il raggiungimento di un’ottima fluidità esecutiva, perché l’essere perfettamente sovrapposti (o quasi) alla melodia guida ne certifica la riuscita.


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